di Giancarlo Tronchin
Può sembrare strano: in condominio le questioni più difficili da risolvere non sono le manutenzioni degli impianti e delle cose comuni, bensì i reclami che l’amministratore riceve per il disturbo dei vicini. E’ infatti convinzione diffusa fra i condòmini che risolvere le liti in condominio sia un compito dell’amministratore.
Vediamo di fare un po’ di chiarezza. L’amministratore viene nominato, in base al Codice Civile per gestire la cosa comune (con-dominio significa appunto essere padroni insieme di alcune parti di un edificio). Quali siano queste cose comuni lo stabilisce l’art. 1117 del codice civile. L’art. 1130 poi stabilisce le “Attribuzioni dell’amministratore” che, in breve sintesi, riguardano la gestione delle spese per la manutenzione dell’edificio, la riscossione delle quote, le modalità di rendicontazione e di tenuta della contabilità delle spese sostenute. Si stabilisce anche che deve eseguire le delibere dell’assemblea, deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio, deve inoltre curare l’osservanza del regolamento di condominio.
A questo punto il lettore più impaziente si chiederà: “Ma il codice civile che poteri conferisce all’amministratore nei confronti dei condòmini fracassoni?” Dispiace deludere, ma in realtà non gli conferisce alcun potere di “punire” i condòmini che disturbano.
Qualcuno penserà che il legislatore sia stato distratto e si sia dimenticato di affrontare il problema dei condòmini molesti che urlano, spostano sedie o mobili a tutte le ore, hanno bambini che saltano e giocano fino a tarda ora, usano elettrodomestici rumorosi ecc. (potete completare voi il resto della casistica). Invece no, non si è dimenticato, perché le norme della comunione artt. 1100-1116 e quelle sul condominio artt. 1117-1139 regolamentano solo la gestione della cosa comune e non i comportamenti delle persone. Per i comportamenti delle persone che disturbano i vicini bisogna infatti andare all’art. 844 del Cod. Civile che vieta le immissioni di fumo, calore, esalazioni e rumori che superino la normale tollerabilità. Ci siamo, direte Voi: qui l’Amministratore può finalmente intervenire! Ancora una volta però non è così! Sempre l’art. 844 stabilisce infatti che è l’autorità giudiziaria (non l’amministratore quindi) che, nell’applicare questa norma, valuta la tollerabilità o meno in funzione del contesto in cui si trova la proprietà.
Conclusione di questo breve escursus: l’amministratore al massimo può invitare, se riceve comprovata documentazione scritta, il condòmino fonte di rumori molesti a porvi rimedio, per garantire una serena convivenza con i vicini. Vi posso garantire, in base alla mia esperienza, che 8 volte su 10 questi negherà di essere fonte di disturbo, ma affermerà di essere perseguitato dal vicino che si lamenta per futili o inesistenti motivi.
A questo punto penserete che non si possa far nulla. Io non lo credo. Innanzitutto sarebbe utile che chi riceve molestie dal vicino anziché rivolgersi all’amministratore o ai carabinieri provasse a intavolare un sereno colloquio proprio con il vicino, che magari non si rende conto che la palla del figlio, rimbalzando sul pavimento, per effetto della risonanza dei moderni materiali da costruzione provoca molto più rumore nel piano sottostante che nel proprio appartamento. Spesso con l’intavolare un colloquio amichevole si ottengono migliori risultati che andando allo scontro.
Certo non sempre è facile, siamo sempre di corsa, stressati dal lavoro e dai problemi personali e quando si arriva a casa pensiamo di essere nel nostro nido felice. Però vale sempre la pena provare. Non bisogna lasciare che il risentimento, per comportamenti a volte invadenti dei vicini, diventi un tarlo che ci rovina l’esistenza. Ricordo che l’art. 844 prevede anche che ci sia una normale tolleranza. Quale sia questa normale tolleranza non trova una risposta univoca: infatti la legge attribuisce questo compito al giudice, che, sulla base di una perizia fonometrica che dovrà tener conto degli ordinari rumori di fondo, e/o delle testimonianze, valuterà di volta in volta in funzione del contesto. Solo se si avrà una abbondante documentazione della immissione di intollerabili rumori e rivolgendosi ad un legale si potrà avviare una causa e avere una ragionevole possibilità di vittoria in tribunale.
Pensavo di finire qui queste righe sui rumori molesti ma ho sentito la vocina del condòmino ben informato che mi ricordava che “la riforma del condominio con la legge n.220/2012 ha introdotto la possibilità di multare con un importo fino a 200 euro e in casi di recidiva fino a 800 euro per infrazioni del regolamento di condominio. E se nel nostro regolamento c’è scritto che si devono evitare i rumori dalle 22 alle 8 e dalle 13 alle 16 allora chiedo che il condòmino che non rispetta gli orari venga multato”. Teoricamente possibile! Innanzitutto però la casistica delle infrazioni “multabili” deve essere scritta nel regolamento di condominio e approvata con le maggioranze indicate nel 2° comma dell’art. 1136 e cioè la maggioranza degli intervenuti con almeno la metà dei millesimi. La sanzione poi non viene data dall’amministratore ma, come successivamente chiarito dal D.L. n. 145/2013 modificando ancora l’articolo 70 delle disposizioni attuative del Codice Civile, potrà essere irrogata dall’assemblea con le maggioranze del 2°comma dell’art. 1136, e cioè, maggioranza degli intervenuti con almeno la metà dei millesimi. Questo significherà che l’argomento necessariamente dovrà essere preventivamente messo all’o.d.g., per permettere al condòmino oggetto della proposta di sanzione di potersi difendere esponendo le proprie ragioni. Anche per questo la proposta sanzionatoria dovrà essere ben documentata prima di arrivare in assemblea perché, se non suffragata da numerose e diverse testimonianze, è difficile che trovi il consenso delle maggioranze previste dal secondo comma dell’art.1136.
Di fronte a questo percorso, (tralasciando il caso diverso dei regolamenti cosiddetti “contrattuali” dove si seguirà quanto prescritto) dubito che la norma, inserita nel regolamento, inerente i rumori molesti dei condòmini (che quindi esula dalla regolamentazione delle cose comuni di cui all’art. 1117, nel cui ambito deve svilupparsi un regolamento condominiale) possa diventare qualcosa di più di un invito alla buona educazione, diventando invece una norma prescrittiva sanzionabile. A mio modesto avviso, una delibera in questo senso potrebbe essere oggetto di impugnazione. Resta poi il problema della sanzione a un eventuale conduttore e della sua esigibilità in caso di morosità. Ma questo diventa un argomento tecnico, certamente di interesse per i proprietari locatori, e che però avrebbe bisogno di un’autonoma trattazione.
Un’ultima postilla: se gli schiamazzi sono tali da disturbare il riposo o le occupazioni, non solo del vicino ma anche di molte persone anche fuori del condominio, allora si può invocare l’art. 659 del Codice Penale. In questo caso si chiamano i Carabinieri e, nel caso gli schiamazzi siano molto gravi o continuino, si può fare un esposto o sporgere denuncia .
Concludendo, questo articolo non avrebbe motivo di essere pubblicato se tutti i condomini fossero attenti a non disturbare il prossimo evitando televisori o strumenti musicali ad alto volume, se in casa non usassero scarpe con i tacchi, se fossero attenti alle esigenze del proprio cane evitando di lasciarlo solo a lungo ad abbaiare, se, facendo giustamente giocare i propri figli piccoli, evitassero di farli giocare a palla o correre in casa a ore tarde invece di portarli durante il giorno al parco giochi dove possono dare sfogo alla loro esuberanza, se mettessero feltrini o gommini alle loro sedie, se evitassero l’uso di elettrodomestici rumorosi di notte ecc.. D’altra parte se i condomini si salutassero all’ingresso non per dovere ma per il piacere di conoscersi, forse sarebbe più facile parlarsi per risolvere i problemi di convivenza. Forse in questo modo si arriverebbe anche a percepire che non tutti i rumori dei vicini siano gesti incuranti del prossimo ma tollerabili attività quotidiane . Insomma il rispetto delle regole e la tolleranza reciproca sono condizioni indispensabili per qualsiasi comunità di persone e il condominio, che, al di là di tutte le definizioni giuridiche, è innanzitutto una comunità di persone (civili).
